HA CHIUSO IL "KASPAR HAUSER" CENTRO DIURNO PER SENZA FISSA DIMORA
Oggi
11 Gennaio 2012 è stato chiuso il centro diurno per senza fissa dimora "Kaspar
Hauser" del 10° municipio di Roma.
Il Centro, gestito dalla cooperativa sociale Cecilia, ha offerto per circa 10
anni servizi di bassa soglia a persone che dormono e svolgono la propria vita in
strada. Nei primi tre anni di attività ha potuto beneficiare di un finanziamento
della Regione Lazio erogato attraverso un bando pubblico di affidamento del
servizio. Gli enti locali e, in particolare il Comune di Roma, hanno via via
tagliato i fondi per questa tipologia di servizio preferendo istituire
maxicentri di accoglienza concentrati soprattutto nelle periferie est e sud
della capitale. Il centro Kaspar Hauser ha continuato ad offrire i propri
servizi a bassa soglia (docce, prima accoglienza, cambio abiti e pasti) con
fondi occasionali della cooperativa, fondi di beneficenza, piccole donazioni di
privati, lotterie e quant'altro. La cooperativa sociale, così come gli operatori
che hanno tenuto aperto e funzionante questo servizio pubblico di utilità
sociale in tutti questi anni non hanno mai messo in discussione questo sistema
di "tirare a campare" senza contributi pubblici. Invece, una città come Roma che
usufruisce di fondi europei e nazionali per far fronte al proprio Piano Sociale
avrebbe dovuto farsi carico e strutturare servizi di assistenza di questo tipo
rivolti ad anziani, minori e senza fissa dimora. In una metropoli stracolma dei
cosiddetti "invisibili" stesi su cartoni per strada a ridosso di stazioni
ferroviarie, lungo le rive del fiume, nella Pineta di Ostia, il Comune di Roma
continua a far morire preziose esperienze senza alcuna vera iniziativa di
compensazione. Vedasi la chiusura della Casa di Riposo Roma 2 alla quale è
seguita una semplice "deportazione" di anziani in altri posti e non l'apertura
sostitutiva di una struttura alternativa a carattere pubblico. Altri servizi di
assistenza domiciliare e scolastica sono stati sensibilmente ridotti sia per il
fallimento di esperienze cooperative (es. coop. Obiettivo2000) , sia per tagli
di bilancio, sia per il nuovo corso di austerità deciso dal Ministero
dell'Istruzione. Gli enti locali sembra stiano smarrendo sempre più la loro "mission
fondativa" di farsi carico delle fasce più svantaggiate. Il rapporto tra
Municipi romani e società cooperative appare sempre più malato perchè fondato su
una perversa complicità del tipo: "io Comune ti affido il servizio ma tu
cooperativa riceverai i finanziamenti quando a me farà comodo anche tra sei mesi
o un anno..". Accade così che alcune cooperative lascino per mesi e mesi senza
stipendio i propri operatori oppure stipulino dei contratti a progetto
"fuorilegge". Tanto la complicità con l'ente appaltante garantisce loro
l'immunità rispetto ad eventuali controlli sulle qualifiche impiegate, sulle ore
effettive di servizio erogato agli utenti, sulla qualità complessiva del
servizio alle famiglie. E' sempre prevalsa la logica del silenzio da parte di
aziende cooperative in ansiosa attesa del rinnovo delle convenzioni acquisite.
Ma questa logica del basso compromesso in cui le organizzazioni del Terzo
Settore, per timore, non hanno opportunamente stimolato o contrastato le
amministrazioni locali preposte al welfare, ha portato oggi a dover chiudere il
centro "Kaspar Hauser", ieri la casa di riposo Roma2, domani un servizio di
assistenza scolastica ad alunni disabili. Si continua così a ingigantire il
calderone del disagio urbano a carico di persone e famiglie svantaggiate,
aumenta il numero di operatori sociali ed educatori che, da uno stato di
precariato, si ritrovano oggi senza alcuna occupazione e senza ammortizzatori
sociali. Sarebbe bello se a questo andazzo di politiche "asociali" e di cattiva
amministrazione seguisse un vero scossone da parte delle forze sociali,
associazioni di categoria, organizzazioni sindacali, comitati di quartiere,
associazioni di genitori, cooperative responsabili. Solo così si potrebbe
recuperare la propria mission di cittadinanza attiva a difesa dei beni comuni e,
nel caso specifico, di servizi pubblici indispensabili per la città di Roma.
Solo così si potrebbe arrivare anche alla consapevolezza che la qualità di un
servizio socio assistenziale ed educativo reso ai cittadini è strettamente
connaturata alla qualità delle condizioni di lavoro degli operatori di quel
servizio.
Domenico Ciardulli, operatore sociale