GLI ASPETTI CRIMINOGENI DI ALCUNE COOPERATIVE SOCIALI
Esulta Giampietro, ex operatore della Sala operativa sociale del Comune di Roma, licenziato in tronco qualche anno fa da una cooperativa accreditata presso il Campidoglio. Pochi giorni fa la Corte d'Appello ha disposto la sua riassunzione e condannato la cooperativa al pagamento di tre anni di stipendi e contributi.
Giampietro è un lavoratore in età matura con una personalità "tosta". Sono state probabilmente queste caratteristiche personali a procurargli altre vessazioni e umiliazioni in passato. Infatti una decina di anni fa era stato licenziato da un'altra cooperativa sociale (sociale? sigh!) ma, dopo anni di vertenza giudiziaria e tre gradi di giudizio, la Corte di Cassazione aveva disposto il suo reintegro e condannato la cooperativa a risarcirlo con circa 150 milioni del vecchio conio. Forse è inutile aggiungere che tutta la cooperativa era andata in crisi finanziaria a seguito dei pignoramenti e il presidente e sua moglie, la quale era vicepresidente, si erano poi dimessi.
Pur accettando l'obiezione scontata che "non si può fare di tutta l'erba un fascio", altri amministratori di cooperative sociali, piccole e grandi, hanno potuto selvaggiamente licenziare e mobbizzare in questi anni contando su una sistematica impunità derivante dalla mancanza di controlli degli enti locali, dalla mancanza di vere tutele sindacali e dalla debolezza economica di assistenti domiciliari, Oss, educatori, assistenti sociali che lavorano nel cosiddetto "no profit" (no profit? sigh!).
Le due vittorie giudiziarie di Giampietro hanno messo e mettono praticamente in ginocchio il bilancio di due cooperative con rischi concreti per il lavoro e il salario di decine di soci e collaboratori. Ma se il prezzo di queste vertenze ricade alla fine su tutti i soci, quale prezzo pagano, invece, quei dirigenti di cooperative che ricorrono a licenziamenti e discriminazioni per generare paura e omologazione? E quando si verrà a capo dei legami parentali e politici che esistono tra alcune cooperative e tra cooperative e uomini di partito? Ad esempio, la presidente della cooperativa che ha licenziato Giampietro è la moglie del vicepresidente di un'altra cooperativa del territorio. Così come, ad esempio, i presidenti di due altre cooperative che operano a Roma nord sono cognati e così via...
A mio avviso, non sarebbe esagerato se dicessimo che alcuni amministratori di cooperative sociali sembrano seguire logiche "nazistoidi" di "selezione della razza" quando licenziano o demansionano o mobbizzano soci e/o collaboratori non più giovani e belli, magari con qualche serio "acciacco" dovuto ad anni di lavoro con disabili e anziani senza avere a disposizione sollevatori e servoscale. Oppure quando cercano di disfarsi di operatori consumati nella mente e nel corpo da anni di lavoro con utenti psichiatrici a pochi euro l'ora e senza adeguata formazione e supervisione.
Storie di soprusi come quelli a danno di Giampietro ce ne sono probabilmente tante altre ma esse non riescono ad approdare in tribunale o sulle cronache e rimangono così ben nascoste dietro la facciata ipocritamente pulita di alcune cooperative e associazioni Onlus. Tranne, forse, quando queste cooperative vanno in fallimento e gli amministratori vengono indagati come è accaduto con alcune strutture ventennali che operavano a Roma e provincia. Oppure quando i buchi di bilancio creati da una gestione senza pudore vengono addotti ad arte per costringere i soci a sborsare soldi e ricapitalizzare i fondi sociali.
Su questo tipo criminogeno di cooperative occorrerebbe mettere mano al più presto per evitare altri danni alla comunità e ai singoli. Ma il riscatto etico potrebbe passare, a mio avviso, solo da una profonda revisione dell'accreditamento che metta in luce e in trasparenza le gare d'appalto, l'aspetto finanziario, il clima organizzativo e la gestione del personale in termini di assunzioni, promozioni, turn over, supporto psicologico formazione e supervisione degli operatori, verifica di titoli e qualifiche, rispetto degli obblighi derivanti dal testo unico sulla sicurezza.
Forza allora! A chi tocca la prima mossa? Alla base sociale, e cioè a quei pochi lavoratori autorganizzati? Oppure ai politici come gli assessori Belviso e Smeriglio? Oppure alla Presidente Polverini e al Ministro Sacconi?
27 giugno 2010
Domenico Ciardulli http://www.ciardullidomenico.it
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