I BERSAGLI ITALIANI DI GHEDDAFI
Come un leone rabbioso a cui hanno ammazzato il cucciolo più piccolo, Gheddafi sta lanciando i suoi avvertimenti all'Italia: presto potrebbe portare la guerra libica nelle città della nostra penisola. I potenziali bersagli potrebbero essere le grandi metropoli come, ad esempio, Roma, oggi invasa da circa un milione di pellegrini venuti per la beatificazione papale.
Le risposte dei nostri politici, ovviamente, tendono a sminuire la portata delle minacce. Ma il messaggio di Gheddafi è arrivato dappertutto. Se ne parla nelle case e nei bar. Le reazioni attraversano tutte le variegate sfumature partendo dalla reale preoccupazione che qualcosa di brutto possa accadere fino ad arrivare all'indifferenza e al sarcasmo o allo sberleffo verso un dittatore che non vuole mollare il potere.
Certo, l'Italia ha una caratteristica storica: pur essendo il paese europeo più esposto e più vulnerabile a potenziali atti di terrorismo internazionale, ha sempre goduto di una relativa tranquillità. Forse per essere stata nella storia la culla dei diritto romano, per essere un crocevia di culture, una comoda e affascinante terra, spesso di passaggio, per tanti migranti africani, arabi, asiatici, europei.
Ma le parole di Gheddafi vanno prese sul serio perchè quell'uomo sembra propenso da sempre ad individuare e colpire i bersagli più deboli.
Non ha avuto scrupoli ad incassare i finanziamenti italiani del Trattato di amicizia. In cambio di quei soldi l'Italia ha ottenuto che un gran numero imprecisato di profughi, rifugiati o semplici migranti africani che fuggivano da fame e miseria, venissero ricacciati e morissero nel deserto oppure nelle prigioni libiche fuori da ogni controllo degli organismi umanitari internazionali.
Quello stesso cinismo oggi Gheddafi lo rivolge contro l'ex alleato. E sembrerebbe cosa assurda che il dittatore libico chieda di trattare a paesi come Francia e Inghilterra che sono stati i primi a bombardarlo mentre minacci l'Italia, il paese che sin dall'inizio ha adottato una linea molto meno bellicosa dando una lettura minimale della risoluzione dell'Onu.
Ma cosa dobbiamo aspettarci da sicari di Gheddafi qualora riuscissero ad arrivare armati dentro le nostre città? Forse non proprio un attacco contro obiettivi sensibili che implica una percentuale di fallimento. Infatti la tipologia di tiranno sembra essere quella che spara più contro "la croce rossa" che contro la regia del comando militare avversario. Quindi potrebbero essere a maggiore rischio potenziali bersagli completamente scoperti e vulnerabili come esercizi commerciali di grandi dimensioni, mezzi di trasporto, piazze secondarie.
Tutto questo potrebbe essere solo un'ipotesi fantasiosa se il Parlamento italiano non stesse realmente andando verso una scelta irresponsabile di escalation militare delle forze impegnate in Libia. Una "real politik" bipartisan che sembra benedetta da "pacifisti" come cicciobello, mister "rimbocchiamoci le maniche". il leader centrista timorato di Dio e gli altri. I capi di governo oggi siedono in Vaticano per omaggiare un Papa diventato Beato, un Papa che avrebbe certamente disapprovato la loro politica estera fatta di cacciabombardieri invece che di mediatori.
Ma come finirà questa avventura in Libia? Le bombe italiane buttate addosso al tiranno risolveranno i nostri problemi energetici? Oppure finiranno per innescare una spirale di paura tale da preferire la catastrofica profezia sismica dell' 11 maggio?
Domenico Ciardulli