LA "LEGGE 30" CONDANNATA
ANCHE DALL'ONU
IL MANIFESTO - 16 ottobre
L'Agenzia per il lavoro (ILO) convoca l'Italia
per discuterne: le forme di precarietà esistenti da noi sono contro la
Convenzione 122
di VITTORIO LONGHI
"Con il pretesto della flessibilità per modernizzare il mercato del lavoro,
la legge 30 del 2003 ha creato una situazione di precarietà preoccupante.
Secondo le statistiche ufficiali, i contratti a termine sono diventati quasi
l'unico modo che hanno i giovani di trovare un impiego ma poi è raro che questi
si traducano in lavori stabili, con un rapporto di uno a 25.
Stanno aumentando le distorsioni del mercato del lavoro, specialmente nel sud
del paese dove la diminuzione del tasso di occupazione ha raggiunto livelli
allarmanti". Non sono le considerazioni note della sinistra radicale o dei
metalmeccanici Fiom, critici sul Protocollo del governo perché conserva gran
parte della legge 30, ma le osservazioni della Commissione di esperti dell'International
labour organisation, Ilo, agenzia delle Nazioni unite per i diritti del lavoro,
che ha preso in esame il caso italiano.
È passata quasi inosservata la notizia che il nostro governo, tramite il
ministro Damiano, è stato convocato in un'audizione speciale nel corso della 96°
Conferenza internazionale del lavoro, a giugno a Ginevra, per discutere della
situazione in Italia e degli effetti della legge 30, che ha suscitato non poche
perplessità nella comunità internazionale. L'Ilo, lo ricordiamo, ha un ruolo
normativo e di controllo sull'applicazione delle norme internazionali, oltre che
di sostegno ai governi impegnati nel perseguimento del "Lavoro dignitoso",
Decent work, contro la deregolamentazione dell'occupazione e la negazione
dell'intervento pubblico di protezione sociale. Dai verbali dell'audizione
italiana, emerge con chiarezza "l'incompatibilità " delle riforme del governo
Berlusconi rispetto alla Convenzione 122 sulle politiche del lavoro. La
Convenzione, ratificata dall'Italia nel 1971, impone agli Stati membri
l'adozione di "programmi diretti a realizzare un impiego pieno, produttivo e
liberamente scelto" e in generale "l'elevazione dei livelli di vita, attraverso
la lotta alla disoccupazione e la garanzia di un salario idoneo".
Invece, secondo la Commissione composta da 20 giuslavoristi di tutto il mondo,
"l'unico fine perseguito dal vecchio governo è la liberalizzazione del mercato
del lavoro secondo un modello di contrattazione sempre più individualizzata, a
discapito di politiche territoriali di sviluppo nell'industria e nella ricerca,
fondamentali per assicurare competitività nei settori innovativi, anziché
cercare di competere con le economie emergenti sul costo del lavoro". Pertanto,
dopo avere ascoltato sindacati e imprese, dopo una valutazione della legge 30 e
delle sue forme contrattuali, dopo un'analisi dei dati sull'andamento
dell'occupazione italiana, la Commissione ha dato le sue indicazioni,
individuando alcune priorità da seguire per rimediare ai danni dell'ultima
riforma e rispettare la Convenzione 122. In sintesi, è stato richiesto "un
ritorno alla centralità del rapporto di lavoro a tempo indeterminato come forma
tipica di occupazione" , attraverso una concertazione che vada a beneficio dei
lavoratori, in termini di condizioni salariali e di vita, e non solo delle
imprese. Inoltre, sono da affrontare con urgenza i problemi del lavoro
irregolare, le persistenti disparità territoriali e di genere nell'occupazione,
la dispersione scolastica, la disoccupazione di lunga durata, i bassi livelli di
istruzione e, come indicato dal sindacato, la questione dell'età pensionabile,
non risolvibile con scaloni più o meno alti, ma con forme migliori di
flessibilità in entrata e in uscita. Il governo dovrà presentare un rapporto
dettagliato sulle misure prese in questa direzione e sul loro impatto.
Tuttavia, a parte un'effettiva ripresa del dialogo sociale, non sembra che il
Protocollo sul welfare sia in linea con le osservazioni dell'Ilo riguardo alle
modifiche radicali della legge 30, che poi coincidono con le posizioni iniziali
del sindacato e della sinistra, tutta, ai tempi del governo Berlusconi. "Anche
se le indicazioni non vanno nel dettaglio degli strumenti da adottare, con il
Protocollo siamo ancora molto lontani dalle raccomandazioni che la Commissione
di esperti ha dato", conferma Leopoldo Tartaglia del dipartimento internazionale
Cgil e delegato del sindacato confederale alla Conferenza, coerente con i
contenuti della piattaforma sindacale Cgil, Cisl e Uil di giugno. È interessante
notare che "i rappresentanti della Confindustria presenti a Ginevra non hanno
fatto commenti sulla descrizione della situazione italiana - racconta Tartaglia
-, anzi hanno detto di apprezzare le intenzioni del governo attuale di
combattere il lavoro precario e irregolare". All'audizione dell'Ilo non ha
partecipato il ministro Damiano, seppure convocato formalmente, ma Lea
Battistoni, che al ministero è direttore generale del mercato del Lavoro. Dopo
avere premesso che il nuovo esecutivo è in carica da troppo poco tempo per
mostrare già i risultati delle proprie politiche, Battistoni ha rassicurato la
Commissione spiegando che le richieste dei sindacati erano state prese in
considerazione e che non c'è motivo di preoccuparsi per il mancato rispetto
delle convenzioni internazionali da parte dell'Italia: "Questa discussione - ha
detto - sembra appartenere al passato, a un altro governo".