CARO PIRLO, CARO VAILATTI USCITE ALLO SCOPERTO
IDENTITA' NASCOSTE. QUANTI ROM E SINTI VIVONO SENZA RIVELARE LE RADICI
Zingaro a chi?
di Sara De Carli
(s.decarli@vita.it)
sul settimanale VITA 15/06/2008
La più famosa sinta d'Italia è Moira Orfei. Ed è anche una dei pochi rom e sinti che non esita a parlare pubblicamente delle proprie origini, risalenti alla romantica storia d'amore fra un monsignore che girava il Montenegro per battezzare i bambini e una bellissima zingara. Era il 1820, o giù di lì: i due scapparono in Italia con quattro cagnolini e un orso, e diedero così inizio alla gloriosa tradizione del Circo Orfei.
Di rom e sinti “insospettabili”, lontani dallo stereotipo del povero indigente, in Italia ce ne sono quanti si vuole. Una banalità, tenendo conto che almento 70mila dei rom e sinti presenti in Italia sono di cittadinanza italiana e vivono qui da generazioni e generazioni. Una sopresa, tenendo conto che tutti noi in realtà quegli stereotipi un po' li abbiamo introiettati. Come dice Alexian Santino Spinelli, rom abruzzese con due lauree e docente di Lingua e cultura Romaní all'università di Trieste, «in fondo Goebbels aveva ragione: per la gente una bugia ripetuta tante volte diventa una verità. Per questo è importante che si faccia strada una intellighentia di rom e sinti in possesso di strumenti espressivi da spendere in favore della nostra cultura».
Un rom in Bankitalia
Il fatto è che le storie di queste persone dalla quotidianità normale non sono
appariscenti, non sono folcloristiche, non sono funzionali all'allarme sociale e
quindi non interessano. Molti di loro, poi, preferiscono tenere i toni bassi,
non pubblicizzare le proprie origini, poiché la discriminazione verso i rom in
Italia esiste eccome, soprattutto sul lavoro. O anche solo per paura di
compromettere le relazioni di buon vicinato. Hanno origini rom o sinte, in
Italia, un'infermiera, una chimica, un agente di polizia, uno che trasporta
valori per la Banca d'Italia, una psicologa, un avvocato, molti commercianti.
Nessuno ha voglia di esporsi con nome e cognome. L'avvocato in questione il
cognome lo ha proprio cambiato, perché col suo non riusciva a trovare lavoro:
con un cognome più “italiano” ce l'ha fatta in un mese.
Poi ci sono quelli che hanno scelto di metterci la faccia: per lo più persone impegnate nelle associazioni rom e sinte, che negli ultimi mesi hanno fatto grandi passi in avanti in termini di autocoscienza e autorappresentazione. Basti pensare alla neonata Federazione Rom e Sinti, guidata da Nazzareno Guarnieri, 54 anni, rom abruzzese, o alla Consulta romanì, che nasce a Roma il 14 giugno come seguito “in pianta stabile” della manifestazione contro la discriminazione dei rom, che domenica 8 giugno ha portato in piazza, a Roma, 10mila persone.
Eva ci mette la faccia
Per cominciare dalle donne, c'è Eva Rizzin, 30 anni, nata a
Udine da madre sinta. Si è laureata in Scienze politiche a Trieste nel 2003, con
110 e lode e bacio accademico, ha fatto uno stage a Bruxelles al Parlamento
europeo con la eurodeputata ungherese rom Livia Jaroca e uno a Bucarest all'European
Roma Rights Centre, e l'anno scorso ha discusso la sua tesi di dottorato in
geopolitica e geostrategie. Nel frattempo ha lavorato in un negozio di
telefonini, ha fatto la rappresentante per una ditta di occhiali e poi ha deciso
di sposare anche professionalmente la causa dei diritti umani violati e delle
minoranze: oggi collabora con Articolo 3, l'osservatorio sulle discriminazioni
della Provincia di Mantova. Ci mette la faccia perché «è necessario che la voce
venga da noi, su ciò che ci riguarda».
A modo suo lo fa anche Bruno Morelli: parla con l'arte, i suoi dipinti e le sue sculture. Nato nel 1957 ad Avezzano, laureato all'Accademia di Belle arti dell'Aquila e docente a quella di Roma, ha all'attivo un libro sull'identità rom, un'infinità di mostre e una committenza prestigiosa quale il Vaticano: sue sono l'unica chiesa rom d'Italia, che sorge nei pressi del Santuario del Divino Amore, e la gigantesca statuta bronzea del beato Zaffirino. Ha fatto l'alpino a Udine, è sposato dal 1978 con una maestra non rom, hanno tre figli e due case, una ad Avezzano e una a Tivoli, pagate col mutuo. «Ho tempestato di mail tutti i salotti televisivi per chiedere di intervenire: non mi hanno mai contattato. Non c'è disponibilità ad accogliere persone che diano un'immagine diversa dei rom. Non si distingue che ci sono rom con problemi di sopravvivenza e altri per cui il problema è il diritto a vivere la differenza».
Yuri, il primo eletto
Un mutuo di trent'anni per pagarsi la casa ce l'ha Graziano Halinovic,
classe 1972, nato a Prato da una famiglia di origine jugoslava: fa il mediatore
culturale e convive con Paola, una gagia conosciuta nel 2000 in un'associazione
per l'amicizia fra rom e gagi. I genitori di lei sono docenti universitari: «Mai
avuto problemi, mi hanno accolto semplicemente come Graziano, senza etichette.
Certo le discriminazioni ci sono: qualche anno fa io e un amico gagio abbiamo
mandato un curriculum per lavorare in un campo estivo, con i ragazzi. Sapevamo
entrambi che il mio curriculum era più ricco, ma - chissà com'è - hanno scelto
lui».
Vive invece in una roulotte, su un terreno agricolo di proprietà, Yuri Del Bar, 30 anni, primo sinto eletto in Italia: da tre anni è consigliere comunale a Mantova, nelle liste di Rifondazione comunista.
Nato in provincia di Verona da una famiglia di giostrai, da ragazzo ha frequentato un corso professionale in serigrafia ma poi è diventato mediatore culturale e da 15 anni tutta la famiglia allargata vive in roulotte, su questo campo. E pure Loris Levak, 56 anni, di Thiene, rivendica il diritto di poter continuare a girare: fa verifiche su aziende protestate, ma appena le scuole finiscono prende e parte con la sua antica arte, restauro di arredi sacri e sistemazione di batterie di pentole.
Quel sinti da Pallone d'oro
E poi… poi c'è Giorgio Bezzecchi. Ragioniere e musicoterapista, 47 anni,
medaglia al valore civico del Comune di Milano per il suo impegno nel
volontariato, vicepresidente nazionale di Opera Nomadi, collabora con diverse
università in ricerche sociali e per 23 anni, fino all'estate scorsa, è stato
conuslente dell'Ufficio Nomadi del Comune di Milano. Lui vive appena fuori città
con la moglie milanese, sposata nel 1983, e i tre figli, di cui una adottata 17
anni fa, quando aveva solo sette giorni. Ma suo padre, i suoi fratelli, i suoi
nipoti, vivono invece ancora in un campo, quello comunale di via Impastato. Sono
stati i primi (e per ora unici) in Italia ad essere schedati, secondo le
direttive del neonominato commissario per i rom.
E poi c'è lui, Andrea Pirlo, campionissmo del Milan, con quella faccia affascinante e profonda che sembra nascondere un mistero. Pirlo discenderebbe da una famiglia sinti, il padre è imprenditore che lavora nel ramo del ferro, come da tradizione. Lui non ha mai voluto affrontare il tema, anche se in tanti lo hanno sollecitato. Alla vigilia degli Europei sono apparsi appelli per convincerlo a non vestire la maglia azzurra come protesta contro il censimento in atto a Milano, visto, in realtà, come una vera schedatura. Basterebbe che uno come lui facesse outing per far cambiare lo sguardo a milioni di italiani. Ma per ora anche lui sta coperto. E nel libro di Petruzzelli è presente come un «famoso calciatore che ha sfiorato il Pallone d'oro».