e p.c.
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Oggetto: Riconoscimento giuridico del profilo professionale degli educatori laureati in Scienze dell’Educazione e della Formazione (CL. 18).
Con la presente, la community di EduProf – il portale degli educatori professionali (www.eduprof.it), pone alla cortese Vs. attenzione quanto segue, in riferimento all’oggetto.
Nel parlare di "educazione intesa come
formazione , percorso permanente , continuo , quotidiano", il Presidente della
Camera G.Fini ha affermato ad inizio conferimento incarico: “E’ compito delle
istituzioni ed in primis del Parlamento riconoscere e valorizzare il ruolo
centrale che, nella difesa della libertà autenticamente intesa, hanno
l'educazione dei giovani e la diffusione del sapere. È nella famiglia e nella
scuola, luoghi dove si formano i cittadini di domani, che nasce, cresce e si
diffonde l'ideale della libertà, un ideale che va difeso quotidianamente da un
altro pericolo: la progressiva perdita di autorevolezza dello Stato,
l'affievolirsi del principio di legalità, l'aleatorietà del diritto alla
giustizia, specie in sede civile, il conseguente diffondersi di un senso di
insicurezza tra i cittadini, fenomeni che sono la spia di un malessere della
democrazia che riguarda l'intero Occidente, che in Italia non sono più acuti che
altrove, che non devono indurre a presagire la disgregazione della coesione
sociale, ma che sono comunque presenti in misura tale da imporre alle
istituzioni il dovere di contrastarli.” Tali asserzioni ci lasciano
sperare che la nostra posizione di educatori professionali – i professionisti
d’elezione nel settore dell’educazione e della formazione – riceva finalmente il
riconoscimento che merita in sede istituzionale, sotto molteplici punti di
vista. Essendo noi Educatori Professionali chiediamo - come già fatto invano con
il precedente Governo – di essere ascoltati, ricevuti presso le Vostre sedi , al
fine di pervenire a soluzioni congiunte relativamente alla nostra condizione di
perenne precariato sia economico che di status. Quando si parla di
pubblico impiego, immancabilmente si citano i privilegi supposti e talvolta
reali degli "statali". Sovente ci si dimentica però di ricordare che nel
cosiddetto mondo dei Servizi alla persona e alla collettività, nelle
Amministrazioni pubbliche e private, oltre a dirigenti, manager, consulenti,
sono impegnati sul territorio, con profili disastrosi e precari, professionisti
che quotidianamente stanno al fianco di malati, tossicodipendenti, disabili,
utenti psichiatrici, anziani, minori, extra comunitari, prostitute, emarginati,
etc. Tra queste figure c'è l'Educatore Professionale.
Ma chi è l’Educatore Professionale? Non è facile delineare un quadro esaustivo
della sua figura, dato il tortuoso percorso di sviluppo che ha conosciuto nel
tempo. A tutt’oggi non esiste una omogeneità di classificazione degli interventi
effettuati da questa figura professionale. In passato si asseriva che
“l’Educatore era colui che è dedicato all’istruzione e al governo dei fanciulli,
colui che conduce fuori (dal significato etimologico: e-ducere) le potenzialità
del minore, guida e indirizza sia attraverso un contributo di formazione teorica
che di esperienza di vita”. Tale denominazione ha così confuso l’attività
dell’Educatore con quella dell’insegnante utilizzandolo in prevalenza per
interventi istituzionali a favore dei minori. Confusione circa i ruoli? L’EP
inoltre, è ancora oggi confuso anche con l’operatore socio sanitario o con il
semplice animatore. Solo nell’ultimo secolo il XX si è andata delineando quella
che possiamo considerare la sua competenza peculiare: EP come abilitatore e
riabilitatore, impegnato a cogliere il potenziale residuo presente nei soggetti
con i quali interagisce al fine di stimolarne le potenzialità psichiche,
socio-relazionali e fisiche residue. Si capisce dunque che ruolo primario
dell’Educatore è quello di aiutare le persone a educere, a estrapolare le loro
risorse nascoste e le loro potenzialità, riconoscendo loro a prescindere
dall’età, dalla cultura di appartenenza, dalla propria memoria storica, un
personale e unico bagaglio esperienziale col vissuto emotivo e corporeo che lo
caratterizza. Tutto ciò con quale finalità? Con quella di aiutare il soggetto a
rendersi protagonista del proprio processo di crescita e del proprio
cambiamento, ottenendo così un conseguente miglioramento psico-fisico-sociale.
Così facendo, si riesce ad attivare e a sviluppare nell’individuo la capacità di
elaborazione autonoma delle conoscenze, a generare fiducia in sé all’interno di
una relazione autenticamente comunicativa, in cui possa emergere il piacere
dello scambio, permettendogli di interagire nel contesto di lavoro con i suoi
bisogni e le sue attese e sentendosi, così, parte integrante di un progetto, del
suo progetto di vita! Spesso anche fra gli “addetti ai lavori” c’è la tendenza a
confondere i termini animazione, educazione e riabilitazione con conseguenti
difficoltà nel delimitare le professionalità e gli ambiti di lavoro.
Indubbiamente esiste un intreccio tra questi tre ambiti, quello cioè volto ad
indurre un cambiamento nell’utente. Inoltre,è compito dell’Educatore attuare
interventi e progetti mirati e specifici x migliorare la qualità di vita di
coloro che presentano diversi deficit. In base a quanto detto, si capisce
benissimo che il ruolo dell’Educatore è qualcosa di più complesso di quello
istruttivo didattico.
Da alcuni anni in Italia sono stati istituiti due corsi di Laurea, uno facente
capo alla Facoltà di Medicina e Chirurgia, l’altro alla Facoltà di Scienze della
Formazione. Ebbene, secondo il DM 520/98, i laureati in Educazione Professionale
(facoltà di Medicina e Chirurgia) hanno diritto di prestare la loro opera sia
nel settore sanitario che in quello privato, non considerando neanche
l’esistenza dei laureati in Scienze Dell’Educazione (facoltà di Scienze della
Formazione) i quali, così, si vedono limitare sensibilmente la possibilità ad
accedere nel settore pubblico sanitario.: eppure siamo entrambi EDUCATORI!!! Non
solo abbiamo sostenuto circa 40 esami molti dei quali appartengono all’area:
psicologica , psicopatologica. Una situazione confusa e piena di contraddizioni
quella dell’EP, riconosciuto pienamente nel comparto della sanità (corso di
laurea in Educazione Professionale classe 2SNT) e nell'ambito socio-educativo
(corso di laurea in Scienze Dell’Educazione classe XVIII): questa prima
distinzione dovrebbe già far riflettere sul sistema Universitario italiano.
Questa situazione consente a molte Università e a Enti di interpretare
furbescamente la normativa mantenendo le due classi di Laurea in inquadramenti
lavorativi inferiori: da una parte vi è l’Università che, con le sue guide,
illude i suoi studenti, una volta laureati, con garanzie di crescita personale e
professionale, dall’altra parte, vi sono gli Enti e il mondo del lavoro che
sottopagano gli Educatori stessi e negano un adeguato riconoscimento del loro
profilo professionale. A volte, alcune Amministrazioni pubbliche bandiscono
concorsi per entrambe le classi e a volte solo per una di esse, con
l'inevitabile conseguenza di non permettere a molti di noi, per lo più laureati
in Scienze Dell’Educazione, di sostenere concorsi; infine, spesso si abusa di
forme contrattuali "PRECARIE": infatti, a molti laureati in Scienze
Dell’Educazione capita di essere inseriti in categorie molto basse, alcune volte
nella posizione economica C, altre nella B, percependo anche cinque euro
all’ora.
Una professionalità che va sempre più a sminuirsi. Come community, ciò che
chiediamo e che stiamo chiedendo da moltissimo tempo, è il riconoscimento della
nostra figura professionale, al di là di ogni distinzione accademica, in quanto
formati per essere EDUCATORI in tutti i campi e nello specifico : In primo
luogo, l’omologazione del percorso formativo dell’educatore professionale: nelle
Facoltà di Scienze della Formazione entro i numerosi Atenei italiani, i corsi di
laurea triennale che afferiscono alla classe 18 (Scienze Dell’Educazione e della
Formazione) sono denominati nelle maniere più disparate, e presentano i più
diversi piani di studio, sull’opportunità dei quali sorgono non pochi dubbi; non
solo: i manifesti degli studi degli stessi lasciano intendere una equiparazione
del titolo con gli educatori professionali laureati presso i corsi afferenti
alla classe 2SNT (Educatore Professionale) entro le Facoltà di Medicina e
Chirurgia, che non ha riscontro reale. Riteniamo che un educatore professionale
sia tale in ogni circostanza: le discriminazioni attualmente operanti hanno il
solo risultato di generare confusione non solo fra gli immatricolati ai corsi di
laurea summenzionati e fra gli stessi operatori del settore, ma addirittura fra
coloro i quali sono deputati al recruiting – sia nella P. A. (per cui molti
concorsi per educatori professionali recano quale titolo di accesso il diploma
magistrale!), sia nel privato sociale. In secondo luogo, una netta definizione
del profilo professionale, che solo l’istituzione dell’ Albo professionale può
garantire: un educatore professionale non è un animatore di comunità, non è un
operatore socio-assistenziale, non è un tecnico della riabilitazione, non è un
assistente sociale… è un educatore professionale, con le competenze specifiche
proprie dell’ex-ducere, del lavorare con l’educando perché egli sappia
riconoscere le risorse che possiede ed adoperarle per elaborare un personale
progetto di vita denso di significato, e rendersene protagonista. La relazione
educativa si configura come relazione d’aiuto, e da questa – infatti – mutua
alcuni dei suoi strumenti concettuali ed operativi (i.e. ascolto attivo,
empatia), ma non va confusa con un intervento assistenziale, di cui non ha in
nessun modo il carattere – anzi. L’educatore professionale è un professionista,
al pari dell’avvocato e del medico: come questi ultimi ha speso anni della sua
vita per lo studio e per il tirocinio formativo, al pari di essi si aggiorna
costantemente perché il panorama pedagogico è in continua evoluzione; tuttavia,
a differenza di essi non si vede riconosciuta la sua professionalità, né a
livello sociale (la rappresentazione sociale della professione in questione è
inverosimilmente alterata rispetto alla realtà, in senso peggiorativo, anche
negli stessi settori in cui essa è declinata), né a livello economico (ai
laureati, e sempre più spesso plurispecializzati, spetterebbe un inquadramento
economico di fascia D, mentre frequentemente – quando l’inquadramento c’è! –
esso afferisce alla fascia C, quella dei diplomati), né a livello giuridico (per
tutti i motivi di cui sopra).
Ciò che chiediamo può essere così sintetizzato:
-Omologazione dei percorsi di laurea per la formazione dell’educatore professionale, con relativa uniformazione dei piani di studio statutari ed abolizione della discriminazione fra laureati CL 18 e laureati CL 2SNT;
-Istituzione dell’Albo professionale della categoria, cui accedere solo mediante il possesso della laurea in Scienze dell’Educazione e della Formazione, o della vigente laurea in Educatore Professionale;
-Riconoscimento economico della professionalità, con inquadramento in fascia D e retribuzioni che si confacciano ad un professionista dotato del titolo di dottore.
Per concludere un’ultima riflessione:
quanto è bello e duro lavorare nel sociale ce lo dimostra il fatto che, durante
tutto l’anno, varie trasmissioni televisive, con parole e immagini, mostrano
comunità, scuole, centri sportivi per i diversamente abili, botteghe per gli
ex-detenuti, etc.. costruite e avviate con i soldi di tutti gli italiani; ma mai
si è mostrato il lavoro “dietro le quinte”, mai si è chiesto chi lavori per
loro; si usa il termine operatore: NO, CI DISPIACE, ma chi lavora in tali enti
sono i LAUREATI in EDUCAZIONE PROFESSIONALE O IN SCIENZE DELL’EDUCAZIONE.
Abbiamo spesso lavorato in luoghi dove gli operatori erano volontari, diplomati
in ragioneria o altro; NOI SIAMO LAUREATI, SIAMO DOTTORI, e se anche non ci
chiamano così, DOTTORI, siamo molto professionali, amiamo il nostro ruolo e il
nostro lavoro, ma soprattutto crediamo in quello che facciamo. È incomprensibile
che la nostra professione non venga riconosciuta: è come se fosse invisibile ciò
che facciamo; eppure le scienze pedagogiche, come le discipline scientifiche,
oggigiorno utilizzano protocolli e test di lavoro che devono alla fine produrre
dei risultati. È vero che l’utilità del nostro lavoro, non avendo come obiettivo
la diagnosi e la guarigione delle persone di cui ci occupiamo, non viene ben
compresa dalla collettività; a tal fine sarebbe molto opportuno mostrare come
cambia la qualità della vita delle persone a cui il nostro lavoro viene rivolto.
Se l’Italia è davvero una Repubblica democratica fondata sul lavoro e se
davvero, come cita l’art.36 della Costituzione, si deve garantire al lavoratore
un lavoro tale che possa far vivere dignitosamente lui/lei e la sua famiglia,
allora NOI VOGLIAMO QUESTO DIRITTO.
Augurandoci che le nostre righe vengano prese in considerazione dalle pregiate
Vs. persone, restiamo in attesa di cortese riscontro, ed a tal fine rechiamo i
nominativi dei nostri rappresentanti:
· dott.ssa Emanuela Cimmino, responsabile del portale EduProf: tel 3339584110, e-mail: emanuela.cimmino@eduprof.it ;
· dott. Rocco Mastrolonardo, collaboratore del portale EduProf: e-mail: rocco.m71@virgilio.it.
· dott.ssa Irene Frosinini tel 3474531549 , e-mail frosinini_irene@hotmail.com
· dott.ssa Viviana Vitale tel 3312604569 , e-mail viviana_vitale@alice.it
L’occasione è gradita per porgere distinti saluti.
La Community di EduProf Italia, 20 maggio
2008.